Tematiche

La contrazione della produzione industriale, le misure interdittive alla circolazione delle persone, il ritorno della crisi pandemica nella cosiddetta “seconda ondata” in autunno, hanno imposto una generalizzata riduzione dei servizi di trasporto (in parte tornati a livelli di normalità nel corso dell’estate). Tutto ciò ha avuto conseguenze molto negative sulle imprese e sull’occupazione. Al solo Fondo Solimare sono giunte, a far data dal mese di marzo fino al settembre 2020, circa 850 istanze di integrazione salariale avanzate dalle imprese marittime.

 

Trasporto contenitori e rinfuse

Sebbene, ad oggi, non vi siano state limitazioni al trasporto delle merci via mare, le restrizioni alla circolazione delle persone hanno impattato anche nel quadrante italiano. Se le merci hanno continuato a viaggiare, vi sono stati rallentamenti nella operatività delle navi e nelle stesse operazioni commerciali, e nei casi più gravi il mancato approdo. Molti Governi hanno disposto provvedimenti di quarantena per le navi che provengono dalle cd. “zone rosse” come misura di contrasto alla diffusione del COVID-19. Ciò ha, addirittura, comportato sporadici rifiuti all’attracco di navi italiane in alcuni porti esteri (ivi inclusi presso alcuni scali unionali). Il fenomeno che ha più inciso sulle aziende del trasporto marittimo e che ha condizionato e tutt’ora condiziona l’operatività dei servizi è la difficoltà, e talvolta la impossibilità, nella sostituzione degli equipaggi al termine del periodo di impegno massimo previsto dal contratto e dalla normativa internazionale. Questa situazione non è stata affrontata in modo organico, è mancato un efficace coordinamento tra la Commissione europea, l’IMO e gli altri Stati membri, sia della Unione europea, sia della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con la conseguenza che molte navi sono state fermate nei porti esteri. In considerazione del protrarsi dello stato di emergenza, il legislatore nazionale ha esteso la validità dei certificati abilitativi del personale navigante al 31.12.2020 ma tale intervento – peraltro utile – non ha risolto il problema della permanenza forzata a bordo del personale; circostanza che ha avuto un enorme impatto sulle condizioni di lavoro e di sanità del personale navigante.

 

 Settore crocieristico

Nel corso degli ultimi dieci anni il turismo crocieristico ha conosciuto una significativa espansione a livello globale, passando dai 17,8 milioni di passeggeri del 2009 ai circa 30 milioni stimati per il 2019, con un tasso di crescita medio annuo pari al 5,4%. Le stime relative all’anno in corso, formulate prima del diffondersi dell’epidemia del nuovo Coronavirus, indicavano un ulteriore incremento prossimo al 7% per raggiungere circa 32 milioni di passeggeri. In Italia, il settore vale circa 13 miliardi di euro e grazie ad una catena del valore molto lunga, genera complessivamente 30 miliardi di euro di fatturato all’anno, 120 mila posti di lavoro, salari per 3,6 miliardi di euro e una spesa diretta di 5,4 miliardi di euro. Nel 2019, in Italia, sono stati movimentati circa 11 milioni di passeggeri. Si tratta di numeri impressionati che sono stati cancellati dagli effetti dirompenti che la pandemia ha avuto sul settore della crocieristica. Le misure di contenimento adottate dagli Stati per arginare la diffusione dell’epidemia hanno determinato, di fatto, la chiusura di un numero crescente di porti alle navi da crociera fino ad arrivare alla completa paralisi del settore a causa del divieto imposto dagli Stati costieri alle compagnie. Le principali compagnie di navigazione hanno dunque progressivamente sospeso l’operatività in Italia e negli altri paesi della Unione, nonché in quelli extra-UE a vocazione crocieristica. In Italia, dopo la terribile fase di lockdown, si è iniziato a considerare a livello istituzionale, anche solo in via sperimentale, la ripresa delle attività almeno fra i porti nazionali della Repubblica. Le Istituzioni, con il supporto delle principali compagnie di navigazione, hanno concentrato l’attenzione sulla definizione di nuovi protocolli di sicurezza. Nel DPCM del 7 agosto 2020 è stato pubblicato il cd. “Protocollo crociere” che ha permesso la ripartenza del settore in Italia (nel Mediterraneo) almeno per le principali compagnie di navigazione che operano In Italia. L’intensità e la durata della crisi in atto, tuttavia, rendono le prospettive del settore particolarmente incerte, sia sul fronte della domanda, sia in relazione all’assetto industriale del settore che prevede comunque importanti impegni (investimenti) da parte degli operatori in termini di ordini di nuove navi.

 

Continuità territoriale con le Isole maggiori

Stante la difficile situazione del momento, gli armatori impegnati nei collegamenti con le isole maggiori non si sono tirati indietro ed anche in assenza del carico “passeggeri” hanno continuato a garantire i collegamenti marittimi per il trasferimento di merci essenziali tra cui le forniture mediche, i beni alimentari destinati alla distribuzione organizzata e tutti gli articoli necessari per la vita quotidiana. In questo scenario, si stima che le perdite di fatturato connesse alla sola voce del trasporto passeggeri siano tra il 50 e 60% rispetto all’anno precedente. Nel 2019, i servizi di collegamento marittimo Ro-Ro Pax attivi nelle due Isole maggiori hanno movimentato oltre 30 milioni di tonnellate di merce e oltre 6 milioni di passeggeri. Dalla fine del lockdown i traghetti hanno ripreso a trasportare passeggeri anche se le disposizioni emanate ad inizio del mese di novembre 2020, nuovamente limitative della libera circolazione delle persone, sono destinate a incidere grandemente sui risultati a fine anno delle aziende.

 

Autostrade del Mare

I servizi di lungo e medio raggio e delle cd. “Autostrade del Mare” (“AdM”) non hanno fatto eccezione poiché le stesse restrizioni alla circolazione delle persone hanno, di fatto, azzerato il trasporto di passeggeri eliminando una quota di incassi necessari per l’equilibrio economico delle aziende. Ciononostante, i servizi marittimi hanno continuato ad essere regolari per garantire il transito delle merci nei collegamenti nazionali ed internazionali nell’aerea mediterranea. In questo scenario, è verosimile attendersi un dato consuntivo annuale per le compagnie di navigazione che registrerà una contrazione del trasportato pari al 60% dei passeggeri e di oltre il 30% delle merci.

 

Corto Raggio e TPL marittimo

Anche per il trasporto di corto raggio di passeggeri e merci costiero e per quello con le Isole minori, il crollo della domanda è stato poderoso. Da una prima drastica riduzione dei passeggeri nella prima fase di emergenza, durante il lockdown si è giunti al totale blocco di tale traffico, nonché ad una consistente riduzione del traffico merci. Con la riapertura del Paese, questi servizi hanno ripreso, almeno parzialmente, l’attività di trasporto. Le perdite per il 2020 saranno comunque ingenti. Basti pensare che nel periodo marzo – settembre 2020 sono stati trasportati oltre 6 milioni di passeggeri in meno nel comparto nazionale rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con una perdita di ricavi che supera i 90 milioni di euro.

 

Trasporto rinfusiero locale

Nei trasporti di “corto raggio” rientrano, se pur in misura minore, anche i servizi costieri esercitati dalle navi rinfusiere, chimichiere e cisterniere oltre ai servizi di bunkeraggio, ed altri effettuati mediante le cosiddette “unità di servizio”. Per tali servizi, vitali per le comunità insulari e non solo, non sono state ravvisate particolari riduzioni di traffico dovute alla pandemia. Tutto sommato, infatti, la domanda di beni e servizi non ha subito particolari oscillazioni.

 

Servizi ancillari al trasporto

I servizi ancillari rappresentano una importante e complementare attività a supporto dei vettori marittimi. In questo quadro articolato, l’attuale pandemia ha certamente influito sui bilanci delle diverse società che operano nei porti nazionali occupandosi dei servizi tecniconautici, dei servizi terminalistici, delle forniture di bordo, dei servizi turistici a terra e della ulteriore moltitudine delle attività che fanno da corollario al trasporto marittimo. La contrazione delle attività varia da percentuali prossime al 100% purtroppo registrate dalle attività a servizio delle attività di crociera, a percentuali significative anche se variabili a seconda del sotto-comparto nei servizi di terminal, fino ad una riduzione più contenuta delle attività delle imprese concessionarie dei servizi tecnico nautici.

Tra i principali elementi caratterizzanti della politica europea dei trasporti figurano, senz’ombra di dubbio, le Autostrade del Mare. Esse, sin dagli anni ‘90, rappresentano quel segmento essenziale dei servizi regolari, frequenti ed economicamente sostenibili del trasporto via mare di rotabili (autoveicoli commerciali, rimorchi o semirimorchi) a bordo di navi Ro-Ro o miste Ro-Pax, con navigazione attiva sia su tratte di cabotaggio nazionale (collegando, ad esempio, la Penisola con le Isole maggiori) che su rotte internazionali. L’obbiettivo con cui nascono e si sviluppano le AdM è quello di accrescere l’efficacia e la competitività delle catene logistiche multimodali. Sulla scia di tali finalità, il nostro Paese rappresenta non solo il luogo ove opera la più grande flotta Ro-Ro/Ro-Pax dell’Unione, ma detiene anche il primato per merce movimentata in Ro-Ro, con una quota di mercato pari al 24,5% del totale europeo. Risultato simile anche sul fronte del traffico passeggeri non croceristi, per cui l’Italia si colloca al primo posto con una quota di mercato che ammonta al 20,6% del totale europeo. Questi risultati avvalorano ulteriormente il fatto che il traffico delle AdM va a rappresentare quel segmento di settore che, negli ultimi cinque anni, ha registrato le migliori performance con un incremento del 23,8% per il comparto Ro-Ro e del 18,5% per quello Ro-Pax. Anche sul versante degli scambi internazionali della merce via mare, le Autostrade del Mare hanno contribuito a garantire la quota dell’export “Made in Italy”, con una quota movimentata in ambito internazionale che, nel 2018, ha rappresentato il 33,5% del totale Ro-Ro. L’ottimo andamento descritto ha subito un lieve rallentamento nel corso del 2019 e ha registrato forti cali in conseguenza della pandemia. Pur avendo garantito la continuità dei servizi di trasporto merci anche nella più critica fase dell’emergenza sanitaria, nel primo semestre del 2020 il segmento Ro-Ro ha registrato un calo medio del 30% a livello tendenziale rispetto allo stesso periodo del precedente anno. Situazione ben più critica per quanto concerne il traffico passeggeri che, nello stesso arco temporale, soprattutto per il comparto traghetti, ha registrato un calo della domanda che stimiamo possa superare il 60%. Non v’è dubbio che le AdM sono significativamente la vera alternativa alla strada. Si stima che la quota di veicoli-km sottratti al trasporto stradale sulle tratte nazionali abbia generato nell’anno 2017 un risparmio in costi esterni pari a 264 milioni di euro, in termini di inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, incidentalità, congestione e rumore. Se si considerano, inoltre, le emissioni indirette immesse in atmosfera durante la produzione dei combustibili (WTT) e il danno arrecato all’habitat dal trasporto su strada, il risparmio complessivo in esternalità negative ammonta a 293 milioni di euro l’anno. Per potenziare, sviluppare ed intercettare risorse per le AdM è tuttavia necessario un cambio di paradigma attraverso il quale considerare i servizi ad esse connessi quali l’unica infrastruttura possibile e non soltanto una alternativa green a basso impatto ambientale. Solo in questo caso saremo in grado di risolvere la congestione stradale e comunque ridurre le principali esternalità negative legate al trasporto su gomma. Le AdM, in virtù anche del fatto di avere costi di realizzazione e di gestione inferiori rispetto alle altre modalità di trasporto e di essere capaci di ridurre concretamente gli oneri economici, ambientali e sociali imputabili, ad esempio, al “tutto strada”, dovrebbero pertanto poter attirare il sostegno della Unione Europea e non rimanere affidato alla generosità dei singoli Stati membri interessati. In questa prospettiva, Italia, Francia, Spagna e Portogallo, con l’obbiettivo dunque di promuovere un sistema di incentivo coordinato a sostegno dello sviluppo delle Autostrade del Mare, valido sia per i servizi dell’Atlantico che del Mediterraneo occidentale, hanno presentato alla Commissione europea il progetto “Med Atlantic Ecobonus”. Senza entrare nel merito della predetta proposta, sarebbe molto importante, soprattutto in questo particolare momento storico, fare sistema tra i paesi dell’area mediterranea al fine di presentare una proposta politica alla UE che, rafforzando quella che sembrerebbe ancora in discussione sul “Med Atlantic Ecobonus”, sostenga da subito iniziative volte a potenziare e migliorare il trasporto combinato strada-mare.

Autostrade Mediterranee S.p.A. (RAM) è la società in-house del MIMS che rappresenta l’ente gestore degli incentivi nazionali, che funge altresì da segreteria tecnica della Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali del MIMS con riferimento alle fonti di finanziamento europeo.

In diverse occasioni di incontro, Assarmatori e RAM hanno affrontato, tra le altre, anche alcune tematiche di particolare interesse per le imprese marittime impegnate nei collegamenti delle AdM. In particolare sono stati toccati i seguenti temi relativi alla: (1) questione afferente alle risorse aggiuntive Marebonus; (2) questione della proposta Med Atlantic Ecobonus (MAE). Su questo ultimo punto, è stata condivisa l’opportunità di promuovere, a livello europeo, un modello incentivante per le AdM che coinvolga gli Stati interessati dalla misura. In quest’ottica è stata condivisa l’opportunità di verificare una trasversalità nazionale sul modello da proporre all’Europa. Inoltre è stata condivisa l’ipotesi di promuovere le AdM anche con riferimento agli Stati extra-europei che pure godono dei servizi AdM.

Con Decisione C (2020) 3667 dello scorso 11 giugno della Commissione europea (“Decisione”), la Commissione ha autorizzato, fino alla fine del 2023, alcune misure a sostegno del trasporto marittimo di cui al cd. “Registro internazionale” italiano. Come emerge dal testo della Decisione, la Commissione, dopo aver valutato le misure modificate nel quadro delle norme unionali sugli aiuti di Stato, in particolare alla luce dei suoi orientamenti in materia di aiuti ai trasporti marittimi del 2004, ha ribadito la conformità del regime del Registro internazionale italiano alle norme della Unione europea vigenti in materia, richiedendo tuttavia una serie di adeguamenti da adottarsi entro il prossimo febbraio 2021. Inter alia le Autorità italiane si sono impegnate a:

  1. Estendere tutti i benefici del regime a tutte le navi ammissibili che battono bandiera di un Paese dell’UE o dello Spazio Economico Europeo (“SEE”). Ciò per evitare ogni discriminazione tra le compagnie di navigazione e i registri dei diversi Paesi del SEE e tutelare le norme del mercato interno in materia di libertà di stabilimento.
  2. Approvare le modifiche imposte al quadro giuridico interno entro sette mesi dalla data di adozione della Decisione.

In forza di tali impegni, e sempre per ciò che rileva la tutela del lavoro marittimo, la disciplina italiana dovrà dunque essere modificata per estendere l’incentivo previsto dall’articolo 6 della Legge n. 30/98 a tutto il personale marittimo comunitario imbarcato su navi iscritte, non solo nel Registro internazionale italiano, ma anche nei registri degli Stati dell’Unione europea e dello SEE. Questa misura se adeguatamente implementata nel nostro ordinamento, è in grado di garantire un significativo incremento degli occupati tra i marittimi residenti in Italia invertendo una tendenza al ribasso assai preoccupante ed oramai invalsa da qualche anno. La riduzione del numero delle navi iscritte ai registri nazionali ha provocato un freno all’occupazione dei marittimi nazionali poiché la misura che incentiva il loro arruolamento è stata – fino ad oggi – limitata alle navi di bandiera italiana. Queste navi, anziché aumentare diminuiscono visibilmente creando un vero e proprio limite strutturale al mercato del lavoro marittimo italiano. La stessa Decisione della Commissione europea dà atto della sostanziale stabilità del numero del personale imbarcato (che si attesta da dieci anni su un numero che varia tra le 21 mila e le 23 mila unità circa); circostanza che conferma la mancanza di prospettive occupazionali di quei soggetti che, una volta formati e affacciatisi al mondo del lavoro marittimo, sono costretti alla disoccupazione e o all’imbarco a condizioni peggiorative e prive di adeguate forme di tutela previdenziale e assistenziale. Questa situazione merita grande attenzione poiché, se l’armamento nazionale di bandiera italiana fatica a crescere, a livello mondiale assistiamo ad un significativo aumento della domanda di lavoro marittimo derivata da un altrettanto significativo aumento del numero e della dimensione delle navi oltre che da un enorme incremento del settore delle crociere, da sempre molto labour intensive soprattutto per quanto riguarda gli addetti ai servizi complementari di bordo. Il mercato del lavoro marittimo è, per definizione, un mercato globale, basti considerare come la mobilità geografica del luogo di lavoro, ossia la nave, renda di fatto al marittimo possibile l’imbarco su qualsiasi nave in qualsiasi parte del mondo indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto di arruolamento ovvero dallo stabilimento del datore di lavoro. Autorevoli osservatori affermano che nei prossimi 5 anni la domanda di ufficiali e sottufficiali sarà superiore all’offerta di 92.000 unità e nei prossimi 10 anni lo squilibrio salirà a 147.500 unità. La situazione del mercato del lavoro marittimo internazionale potrebbe dunque rappresentare una importante occasione di impiego per i nostri giovani, così come per i meno giovani che sono purtroppo in esubero a cagione del ridimensionamento dell’armamento nazionale di cui si è parlato in precedenza. Orbene, quello che l’estensione richiesta dall’Unione europea deve garantire è che questo stesso beneficio divenga fruibile per le navi iscritte nei registri UE e SEE dagli armatori italiani e stranieri, alle stesse condizioni oggi previste (ed in concreto applicate) per i marittimi impiegati sulle navi del Registro internazionale. Oggi, in base alla legge italiana, il beneficio è applicabile nei rapporti di lavoro fra armatori italiani, comunitari e non comunitari aventi stabile organizzazione in Italia ed il personale comunitario imbarcato su navi iscritte nel Registro internazionale (essendo l’Italia il Paese di bandiera e quindi territorialmente rilevante all’inquadramento del contratto e al relativo obbligo contributivo). Domani l’adeguamento imposto dall’UE dovrà prevedere l’estensione del beneficio ai rapporti di lavoro fra il personale:

  1. italiano e comunitario residente in Italia;
  2. che sia imbarcato su navi iscritte in Registri UE o SEE;
  3. arruolato e retribuito (ai sensi del precitato comma 4 dell’art. 11 del Regolamento Comunitario n° 883/2004) da armatori stabiliti in Italia ovvero dai soggetti (nazionali o stranieri) che abbiano un raccomandatario o un rappresentante in Italia.

In Conclusione: le misure che il Governo italiano è tenuto a recepire nel nostro ordinamento – in termini normativi e di regolamentazione attuativa – costituiscono una occasione unica per affrontare il problema della disoccupazione tra i marittimi nazionali. Al di là dell’ineludibile obbligo giuridico derivante dalla appartenenza del nostro Paese alla Unione, una modifica del portato normativo vigente è oggi necessaria per fronteggiare una emergenza sociale e per scongiurare l’abbandono dei regimi contributivi dei marittimi italiani sempre più esposti al rischio di dover accettare di essere arruolati da imprese di navigazione straniere che, legittimamente, possono sottrarsi al regime contributivo italiano. Questi soggetti sono apparentemente in grado di sostenersi e di sostenere le loro famiglie ma sono esposti al concreto rischio di essere privati di adeguate forme di sostegno al maturare dell’età in cui il soggetto non è più in grado di produrre reddito. La riforma, oltre ad un significativo incremento degli arruolati, porterà un ulteriore risultato: quello di consolidare e addirittura incentivare lo stabilimento di imprese di navigazione in Italia o quanto meno di imprese datoriali che ivi gestiscono la parte relativa all’arruolamento, formazione e addestramento della forza lavoro marittima.

Per quanto concerne il servizio di pilotaggio, è in corso un procedimento di revisione della disciplina riguardante i criteri e meccanismi tariffari del servizio presso la competente Direzione Generale del MIT. Il citato procedimento di verifica avviato a livello ministeriale si è avvalso di uno studio affidato dal MIT ad un consulente esterno. Sul punto, ASSARMATORI auspica di procedere quanto prima al prossimo adeguamento tariffario per il biennio 2021/2022 disponendo di una formula tariffaria aggiornata e compatibile con le norme del Regolamento

Per quanto concerne il servizio di rimorchio portuale, il 2019 si era chiuso con l’avvio delle istruttorie propedeutiche al lancio delle gare per l’affidamento del servizio nei porti con concessioni in scadenza o in regime di proroga tecnica in attesa della pubblicazione della Circolare ministeriale avvenuta nel mese di marzo dello stesso anno e contenente le (nuove) “Linee guida per il rilascio delle concessioni per l’esercizio del servizio di rimorchio portuale”

Sul fronte del servizio di ormeggio con la legislazione emergenziale (ed in particolare la Legge n. 77/2020) è stata introdotta una misura che prevede lo stanziamento di un contributo fino ad un massimo di 24 milioni di euro per la perdita di fatturato nel corso del 2020 legata al COVID-19; trattasi, tuttavia, di un provvedimento che, se applicato correttamente, comporterà riflessi positivi per l’armamento.

Sul fronte dei servizi portuali merita menzione il servizio di ritiro rifiuti dalle navi. Al riguardo, v’è la Direttiva (UE) 2019/883, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, di prossimo recepimento nel nostro Ordinamento interno. Sotto questo punto di vista, ASSARMATORI si adopererà affinché l’utenza sia adeguatamente tutelata presso le Amministrazioni competenti.

Considerando che il ciclo di vita delle unità navali è solitamente pluridecennale, si comprende facilmente che la sostituzione delle flotte, che richiede enormi impieghi di risorse finanziarie, necessita di un tempo significativamente lungo. Per questo molte delle navi che vengono costruite oggi saranno ancora operative nel 2050, tutte comunque avranno dispiegato la loro vita utile per gran parte dell’arco di tempo che ci separa da oggi a quella data. Se a questo si aggiunge che allo stato attuale – è bene essere chiari, al riguardo – non esistono tecnologie pronte all’uso in grado di soppiantare la motoristica navale esistente, è facile capire l’enorme portata della sfida che il mondo dello shipping si troverà ad affrontare. Esistono, infatti, molti esempi di sperimentazioni con fuel e sistemi propulsivi alternativi, alcuni con risultati molto promettenti, ma si tratta comunque di esperimenti ancora lontani da una concreta messa in produzione. Qualora da qualcuno di questi esperimenti, o anche da più d’uno di questi, dovesse emergere una tecnologia in grado di rimpiazzare l’esistente, ci vorrà comunque del tempo per passare dalla prototipizzazione alla produzione su scala industriale, ed ancora dell’altro tempo per sostituire progressivamente le 70/80 mila navi che costituiscono ad oggi la flotta mondiale.

Con il Decreto legge n. 59 del 6 maggio 2021, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti, c.d. “Fondone” il Governo ha ripartito la quota di 520 milioni di euro assegnata dal PNRR per il rinnovo delle flotte a valere sugli anni 2021 – 2026. La misura è anche il risultato di una intensa attività dell’Associazione che ha saputo evidenziare al Decisore le esigenze del settore e le criticità della norma, proponendo modifiche ed integrazioni che possano risultare ben fruibili dalle imprese armatoriali e quelle della cantieristica.

Lo shipping non è mai stato a guardare. Nel 2020 si è completato il processo che ha visto progressivamente ridursi, attraverso un percorso stabilito dall’Annesso VI° della Convezione MARPOL adottata in sede IMO, la percentuale di zolfo ammissibile nei combustibili navali. Ciò ha comportato un ingentissimo sforzo economico e tecnico per tutte le compagnie di navigazione. Questo percorso, di grande attenzione verso l’ambiente, iniziato nell’ottobre del 1983 con l’effettiva entrata in vigore della Convenzione MARPOL ed ulteriormente implementato con l’entrata in vigore nel maggio 2005 dell’Annesso VI° della stessa Convenzione, ha subito negli ultimi anni una decisa accelerazione. Ora, la riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti, ovvero la riduzione dei Green House Gases (“GHG”), spesso definita in modo convenzionale come la riduzione delle emissioni di CO2, è diventata una priorità assoluta dietro la spinta di quella che è ormai unanimemente riconosciuta come “l’emergenza climatica”. È ormai evidente a tutti la necessità di una transizione verso fonti energetiche alternative; si parla ormai decisamente di decarbonizzazione delle fonti energetiche, anche di quelle in uso nel settore navale. Questo significa abbandonare l’utilizzo dei combustibili fossili, che sono oggi, in pratica, la totalità dell’energia utilizzata a bordo delle navi.

Si stima che l’impatto attuale dello shipping in termini di gas-serra sia di poco inferiore al 3%, a fronte di un 13% totale da addebitare al settore dei trasporti (incluso lo shipping); mentre al settore industriale, incluso quello della produzione dell’energia, è ascrivibile il 43% dei gas clima alteranti di origine antropica, il 18% agli usi civili ed il 25% all’agricoltura ed all’allevamento.

È ormai chiaro che un ruolo chiave nella sostituzione degli attuali combustibili sarà giocato dall’idrogeno (ovviamente prodotto con fonti pulite e rinnovabili, come il solare e l’eolico), usato in modo diretto nelle celle a combustibile oppure nella produzione di fuel alternativi come l’ammoniaca, il metano sintetico o il fuel sintetico, ma il percorso tecnologico ed industriale che porterà alla completa sostituzione dei fuel attuali è ancora lungo e non privo di incognite – non ultime quella legate alla sicurezza – e richiederà ingenti sforzi in termini di ricerca e sviluppo e grandi risorse economiche per la sua realizzazione. Come già detto il rinnovamento delle flotte sarà un processo che necessariamente non potrà essere breve, nel frattempo le navi dovranno continuare a navigare utilizzando al meglio i combustibili e le tecnologie esistenti, in attesa di essere progressivamente sostituite con unità carbon-free o zerocarbon. Da questo punto di vista, risulta imprescindibile imboccare immediatamente, in modo molto più deciso rispetto a quanto fatto finora, la strada dell’impiego del Gas Naturale Liquefatto in ambito navale. È necessario realizzare in modo rapido la rete infrastrutturale necessaria. Gli armatori, come dimostra il settore delle crociere, hanno già fatto importanti passi in questa direzione e sono pronti a farne altri ancora, basta che venga loro garantita la possibilità di approvvigionare le loro navi. Quella del LNG è una tecnologia pronta all’uso che, come sappiamo, non risolve il problema delle emissioni di gas serra ma, comunque, lo mitiga e riduce drasticamente le emissioni nocive in atmosfera. Occorre dunque che parte delle risorse disponibili vengano mobilitate verso questa direzione, sia a favore delle infrastrutture small-scale che verso gli armatori che vogliono investire in questa direzione.

ASSARMATORI ha lavorato costantemente al fine di rappresentare loro le azioni migliorative alle innumerevoli leggi che normano il settore. Il nostro lavoro ha visto l’importante contributo del MIT ma anche il patrocinio del Comando Generale che, con i suoi tecnici qualificati, ci ha aiutato ad evidenziare le tante criticità della normativa di riferimento. La considerevole opera di selezione è stata riassunto in una serie di emendamenti, tutti “a costo zero” per le casse dello Stato, che sono stati presentati al Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. Purtroppo solo per alcune di esse è stato possibile vederne la trasposizione nella norma, ragion per cui autorevoli commentatori hanno evidenziato l’opportunità di riaprire i termini per una nuova legislazione che possa avere come obbiettivo la semplificazione del nostro lavoro. La misura è oltremodo necessaria anche a soprattutto a seguito del necessario allargamento del sostegno previsto dalle norme della Legge n. 30/98 alle imprese che armano navi registrate nei membri della UE e dello SEE, circostanza che farà perdere a breve il vantaggio fino ad oggi esclusivo della bandiera italiana potendo pertanto l’armatore mantenere i benefici anche operando navi che battono bandiere non italiane e che sono soggette a regole meno costose e complicate garantite da altri registri della Unione europea.

La pandemia ha fatto emergere in modo ancora più netto l’importanza ed il ruolo strategico dell’industria armatoriale nel trasporto di persone e beni di prima necessità e nell’approvvigionamento energetico. Proprio per tale ruolo strategico, i lavoratori marittimi sono stati definiti a livello internazionale come key workers e tale riconoscimento è avvenuto anche in Italia con lettera del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ora MIMS) all’International Maritime Organization (IMO) del 25 gennaio 2021. Ciononostante, almeno nel nostro Paese, i marittimi non rientrano tra le categorie individuate dal Piano nazionale della campagna vaccinale a cui somministrare prioritariamente il vaccino anti COVID-19.

In questo contesto, la Risoluzione adottata nel corso dell’International Labour Organization Special Tripartite Commitee della Maritime Labour Convention 2006 (MLC, 2006), tenutosi dal 19 al 23 aprile 2021 raccomanda agli Stati di adottare un approccio condiviso, a livello internazionale, in materia di vaccinazione dei marittimi, considerando l’istituzione di hub vaccinali dedicati, nei porti in cui fa scalo un numero significativo di navi e in cui possono essere rese disponibili sufficienti scorte di vaccini, in modo tale da assicurare un accesso tempestivo alla vaccinazione dei marittimi.

Per le ragioni sopra richiamate, l’Associazione si è fatta da subito parte attiva presso i Decisori per chiedere l’attivazione di un piano di azione specifico per la categoria dei marittimi che ha incontrato la disponibilità del Commissario straordinario del Governo, il quale ha richiesto all’Associazione di effettuare una indagine quantitativa sul numero di marittimi imbarcati su navi che scalano regolarmente i porti delle Repubblica. I risultati dell’indagine sono stati trasmessi alla Difesa che ha il compito di definire gli aspetti organizzativi per implementare gli hub vaccinali nei porti. A breve, secondo le informazioni ricevute, partiranno quindi le vaccinazioni.

Le attività della nostra marina mercantile si svolgono in uno scenario globale, dove le zone a “rischio di pirateria” stanno diventando sempre più numerose e gli attacchi alle navi più pericolosi e cruenti ed oggigiorno una delle zone maggiormente a rischio sotto questo punto di vista, è senza ombra di dubbio quella del Golfo di Guinea. In passato, in tale area, l’obbiettivo principale dei pirati erano le petroliere alle quali veniva prelevato il carico per rivenderlo a raffinerie illegali. Oggi il fenomeno si è evoluto ed i pirati preferiscono attacchi veloci con skiff, per depredare i mercantili di beni facilmente asportabili o per sequestrare membri dell’equipaggio con il fine di chiedere un riscatto. La presenza di navi militari impegnate in programmi internazionali di sorveglianza marittima nelle acque africane più a rischio dove incrociano le più importanti rotte commerciali è, per le marine mercantili europee ed internazionali, di grande sollievo e rappresenta la maggiore garanzia per una navigazione più sicura e tranquilla. In questo quadro generale, la nostra Marina Militare è fra i più assidui componenti di tali programmi internazionali di pattugliamento e sorveglianza. Questa presenza è davvero fondamentale per garantire gli “interessi italiani” nel mondo, siano essi rappresentati non solo dalle navi che battono la bandiera italiana ma soprattutto a tutte quelle che hanno a bordo personale italiano o garantiscono approvvigionamenti o trasporto alle imprese italiane. Le navi, le donne e gli uomini della Marina Militare rappresentano per gli equipaggi italiani impegnati all’estero, il segno tangibile della presenza del nostro Paese a difesa della propria comunità sociale ma anche economica che opera direttamente sul mare e che, grazie ai traffici marittimi, contribuisce alla crescita ed allo sviluppo propri e dell’intera comunità nazionale. In tale contesto ASSARMATORI ha da sempre caldeggiato, ad ogni livello istituzionale, il mantenimento della presenza delle nostre navi militari sulle rotte mercantili più a rischio, presenza fondamentale per tutelare la nostra flotta dagli assalti alle navi, specie nel Golfo di Guinea e nell’Oceano Indiano, e la intensificazione della cooperazione nello scambio di informazioni fra la Marina Militare e lo shipping nazionale. Proprio il quotidiano supporto informativo fornito in tempo reale ai nostri armatori dalla Marina Militare risulta essere di fondamentale importanza ai fini della sicurezza rispetto ad un fenomeno, quello della pirateria, che cambia velocemente scenari e metodi ma che non sembra destinato ad esaurirsi tanto rapidamente. La presenza in quelle acque della nostra Marina, inoltre, risulta essere una scelta obbligata ai fini della sicurezza diretta in quanto molti paesi, fra i quali appunto quelli dell’Africa Occidentale, non consentono l’imbarco di guardie armate internazionali a bordo delle unità mercantili nelle proprie acque territoriali, tanto meno concedono l’ingresso in porto a navi con personale armato a bordo. In tale circostanza, quindi, l’unico baluardo possibile per la difesa delle nostre flotte e dei nostri equipaggi nelle difficili aree di alcuni paesi soprattutto del West Africa, è rappresentato dalla presenza e dall’alta professionalità e dedizione al dovere dei militari della nostra Marina. Per tali motivi ASSARMATORI ha intrapreso un percorso di incontri con lo Stato Maggiore della Marina, che vede anche il coinvolgimento particolare del Comando Generale, della Guardia Costiera e del Comando in Capo della Squadra Navale, tesi ad approfondire tematiche comuni ai vari settori dell’armamento come la gestione delle operazioni di Search & Rescue connesse ai flussi migratori nel Mediterraneo ma anche esigenze cruciali dello shipping internazionale come il miglioramento degli standard formativi delle guardie giurate impiegate a bordo di navi mercantili (laddove possano essere utilizzate), l’intensificazione dello scambio di informazioni tra la Marina e lo shipping nazionale al fine di incrementare il livello di conoscenza e consapevolezza dello scenario marittimo, elemento indispensabile per assicurare l’esigenza primaria di difendere le libertà dei mari. In tali incontri, in un clima di grande collaborazione, è stato altresì approfondito anche il ruolo della cellula nazionale di Naval Cooperation and Guidance sugli aspetti della sicurezza marittima declinata nelle sue tre accezioni, ovvero Maritime Security Operations, Maritime Situational Awareness e Maritime Capacity Building for Shipping (NCAGS) del Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) che si pone come segmento di Maritime Security, volto a favorire la cooperazione e lo scambio di informazioni tra la Marina e lo shipping nazionale.

Il Programma Connecting Europe Facility (“CEF”) è stato istituito dal Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio allo scopo di promuovere lo sviluppo di reti interconnesse di trasporto, energia e comunicazione in tutta Europa, contribuendo così alla crescita economica ed alla coesione sociale e territoriale all’interno dell’Unione. Il bilancio concordato per il CEF ammonta ad oltre 30 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, di cui 11,3 miliardi sono destinati al “Fondo di Coesione” per le infrastrutture di trasporto.

Tuttavia, nonostante l’importanza del programma e dell’area geografica mediterranea, solo una piccola parte di questi fondi sono stati destinati e spesi per programmi che hanno interessato il trasporto nelle regioni meridionali dell’Europa e ancor meno per progetti che avessero ad oggetto la connessione tra Europa e paesi della sponda Sud del Mediterraneo.

A livello europeo, i ministri dei Trasporti UE hanno inoltre dato “luce verde” ad un rinnovo del programma “Connecting Europe Facility” per il periodo 2021-2027. Il Bilancio dedicato al meccanismo per collegare l’Europa dovrebbe prevedere un sostegno finanziario di 42,3 miliardi di euro.

Consapevole dell’importanza di intercettare e cogliere le opportunità a sostegno delle attività di sviluppo imprenditoriale, ASSARMATORI non può ritenersi soddisfatta dell’attuale sistema di finanziamento unionale alle nostre imprese di navigazione. I co-finanziamenti esistenti nell’ambito dei vari programmi europei (in particolare il CEF) riservano i propri contributi a programmi di investimento che danno priorità ai collegamenti marittimi mancanti tra due o più Stati membri dell’Unione europea, escludendo invece l’istituzione di nuove linee fra porti della stessa nazione.

Inoltre, se si eliminassero queste limitazioni, si aprirebbero le porte a nuove forme di sostegno al trasporto combinato strada-mare, in grado di superare le criticità strutturali derivanti dai limiti intrinseci (in termini di risorse disponibili e procedurali) degli incentivi nazionali (vds. Ecobonus e Marebonus) che, fino a questo momento, rappresentano le uniche vere misure di sostegno, autorizzate a livello di Commissione europea, per la crescita del trasporto marittimo.

Il 15 settembre scorso il Comitato interministeriale per gli affari europei ha presentato al Parlamento una proposta di linee guida per la definizione del Piano italiano coerente con le indicazioni fornite dalla Commissione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è dunque il primo documento che permetterà la stesura finale del piano di intervento che verrà vagliato dall’Unione europea nella prossima primavera (anche se l’eventuale erogazione dei fondi potrebbe slittare all’estate 2021). I 209 miliardi di euro spettanti all’Italia saranno ripartiti in 81,5 miliardi in sussidi e 127,5 miliardi in prestiti. Di tali somme 65,5 miliardi circa saranno sovvenzioni a fondo perduto. Il PNRR è per ora il documento più significativo che indica le intenzioni del nostro Governo circa l’impiego delle risorse del Recovery fund. Il documento evidenzia gli obiettivi ambientali, sociali, industriali ed economici ritenuti degni di interesse nei quali la digitalizzazione, innovazione, ambiente, mobilità, istruzione e competitività sono i drivers del Piano che ben si coniugano con il settore dello shipping. La contropartita politica del Recovery fund è che i piani debbono essere tali da assicurare il raggiungimento di due obiettivi: la ripresa economica dopo la crisi del COVID-19 e la creazione di una piattaforma industriale e di servizi idonea al raggiungimento degli obiettivi climatici che l’Europa si prefigge (zero emissioni nette entro il 2050). Con tali premesse l’attenzione del PNRR si è concentrata sul tema della conversione ecologica e, per quanto riguarda le infrastrutture, sulla mobilità e sui trasporti. Oltre alla “cura del ferro”, le autostrade e il trasporto su gomma dovrebbero essere depotenziati, mentre il trasporto marittimo dovrebbe essere privilegiato, anche a ragione della conformazione territoriale del nostro Paese.

Tra i progetti inseriti nel PNRR, quelli che hanno ricaduta diretta nel mondo dello shipping nazionale sono quattro e precisamente: I. Un progetto che si pone l’obbiettivo di rinnovare il 20% della flotta di navigazione di continuità territoriale di corto raggio con modelli più sostenibili (propulsione elettrica, fuel alternativi come il metano e l’idrogeno) sotto il profilo ambientale sull’intero territorio nazionale, in base a mix traghetti–mezzi veloci scelto. II. Un progetto che dovrebbe consentire il rinnovo e lo sviluppo tecnologico della flotta italiana con mezzi altamente performanti in termini ambientali, con propulsioni ibride e innovative e sistemi digitali di controllo. L’obbiettivo è quello di migliorare la sicurezza, l’efficienza e l’impatto ambientale degli attuali servizi di continuità territoriale e di cabotaggio, integrandoli con lo sviluppo delle infrastrutture portuali. III.Un progetto che prevede la realizzazione del “Piano Nazionale del Cold Ironing”, come elemento qualificante del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. IV.Un progetto che riguarda lo sviluppo della mobilità a idrogeno. In particolare, in relazione alla navigazione marittima, il progetto riguarda sia i mezzi navali (come traghetti e navi da crociera di grandi dimensioni alimentate a idrogeno) che le infrastrutture portuali; comprendendo gli impianti di stoccaggio per l’idrogeno e le infrastrutturazioni di sostegno, nonché i processi di distribuzione dell’idrogeno dagli impianti di stoccaggio ai mezzi che lo utilizzeranno. Occorre notare come l’attenzione del PNRR al nostro settore conferma ulteriormente il fatto che il Governo ha inteso considerare il trasporto via mare in continuità territoriale e le autostrade del mare come una infrastruttura essenziale del Paese al pari della rete ferroviaria e stradale. L’ammodernamento delle flotte e la conversione ecologica delle unità costituisce dunque un passaggio fondante dell’ammodernamento della struttura logistica del Paese a cui le imprese del settore guardano con grande interesse.

Nel corso del 2020, Assarmatori ha avviato un progetto di ricerca con Nomisma, uno dei più accreditati centri studi italiani, per realizzare un report originale che mettesse in luce le reali dimensioni del contributo della Shipping Industry.

Il Rapporto, chiuso all’inizio di marzo 2021 e presentato il 18 dello stesso mese nel webinar dal titolo Shipping, un motore per la ripresa, organizzato congiuntamente da Assarmatori e Conftrasporto, non si limita a illustrare i contributi diretti dell’industria marittima al PIL e all’occupazione, ma fornisce anche le misure degli impatti moltiplicatori indiretti e indotti associati alle medesime, ivi compresi quelli attivati col sostegno dello Stato. Il lavoro, infatti, analizza l’aiuto dello Stato italiano in un quadro di coerenza europea a favore della competitività della Shipping Industry e della salvaguardia della gente di mare.

Lo scopo del lavoro è stato quello di dimostrare, sulla base di una lettura scientifica dei dati disponibili, quale sia il ruolo strategico ed il peso del trasporto marittimo nel Paese e quanto lo stesso apporti in termini di reddito, consumi, imposte e lavoro all’economia e al benessere della società.

Il Rapporto dimostra il grande valore strategico, economico e sociale dell’investimento dello Stato in una parte del suo tessuto economico così importante per la Nazione. Un investimento che consente di sostenere gli obiettivi di crescita del comparto industriale, di mantenere occupazione e sviluppo nel Paese e di ottenere un ritorno senza eguali utilmente comparabili.

Con particolare soddisfazione, abbiamo accolto il ministro Giovannini all’incontro di presentazione del Rapporto, tenutosi lo scorso 18 marzo, e abbiamo altresì gradito il suo intervento del tutto solidale con quanto da noi evidenziato riguardo ai bisogni del ceto armatoriale e del supporto alla filosofia da tempo sostenuta dall’Associazione in merito alla necessità di aiutare gli investimenti per la transizione energetica delle flotte dei traghetti.